lunedì 20 gennaio 2014

pregiudicatellum

Il suffisso -ellum (ne ho parlato anche qui e qui) continua, senza sorprese, ad essere uno dei più prolifici nel linguaggio politico. Agli amanti di neologismi, ad esempio, non sarà sfuggito il titolo di testa della versione on line del Corriere di oggi pomeriggio, in cui si diceva che Grillo ha criticato l'italicum, proposto da Renzi sulla base dell'accordo con Berlusconi, definendolo un pregiudicatellum. Ma negli ultimi giorni sono comparsi o hanno avuto un'esplosione anche altri -ellum, come, ovviamente, il renzellum, ma anche, visto che per un periodo c'è chi ha caldeggiato il modello spagnolo, lo spagnolum. Tra i neologismi citati, italicum è quello che mi lascia più perplesso. Già la scelta della base è bizzarra: perché proporre un nome che fa riferimento, genericamente, all'Italia? Perché no, certo, ma il principio di questi neologismi, e della maggior parte delle parole derivate in genere, è di presentare il maggior grado possibile di distintività (da cui, per esempio, la scelta del nome del politico che le ha proposte). A meno che il nome non sia stato scelto ad arte dallo staff di Renzi, o di qualche altro partito per dare alla nuova legge elettorale "una certa aria di nobiltà", come suggerisce ad esempio il Fatto Quotidiano. Fatto sta che italicum è, secondo i principi che presiedono alla formazione di nomi di leggi in -ellum, piuttosto deviante, e appare accettabile soprattutto in virtù del fatto che si tratta di una parola già esistente in latino. Pregiudicatellum è decisamente migliore, se non fosse per il fatto che supera di ben due sillabe il formato preferito per gli -ellum. Questa osservazione mi ha fatto scoprire che l'altro ieri, due giorni prima di Grillo, qualcuno aveva già lanciato su Twitter l'hashtag pregiudicatum, migliore dal punto di vista sillabico, ma che ha il difetto di non contenere la sequenza -ell-

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