domenica 26 maggio 2013

Porcellinum


Negli ultimi giorni si è parlato molto del Porcellinum, ossia la versione modificata del Porcellum che il Governo si appresta a far discutere in Parlamento. Solo nell'ultima settimana Google News registra 658 attestazioni della parola. Del Porcellum, e dei suoi simili, avevo già parlato qualche settimana fa. Naturalmente, per ora, più del contenuto della legge, ancora oscuro, mi interessa la parola che la designa. Visto il significato (una versione edulcorata della legge elettorale in questione), Porcellinum è chiaramente un diminutivo di Porcellum. Che io sappia, però, è un rarissimo caso, in italiano, di diminutivo in cui il suffisso non è attaccato alla fine della radice, ma in mezzo. Se guardiamo le altre parole latine (o pseudo-tali, come Porcellum), che finiscono in -um o anche in -us, infatti, le strategie per creare dei diminutivi (ma anche degli accrescitivi o qualsiasi altro tipo di derivati) sono due: attaccare il suffisso direttamente alla fine della parola (e infatti per me albumino o autobussino sono assolutamente normali, ma su Google ho trovato anche cactus(s)ino, rebus(s)ino, referendumino o vademecumino), oppure eliminare le sequenze - che in latino corrispondevano alle desinenze del nominativo singolare - -um e -us, 'italianizzando', per così dire, il derivato. Così, sempre su Google troviamo diversi esempi di referendino, memorandino, e anche qualche cactino… Quest'ultima strategia, poi, è quella usata di preferenza nell'italiano più normativo, in cui si dice referendario, virale o juventino. E indica che nella nostra lingua le sequenze in questione, se non corrispondono ovviamente più ad alcuna terminazione flessiva, sono comunque sentite come quasi-desinenze, o comunque hanno uno status intermedio tra una desinenza vera e propria (come -o o -a, ad esempio) e una sequenza che fa parte di una radice. Segnalo, tra l'altro, che in spagnolo hanno più o meno lo stesso problema con le parole singolari o invariabili che finiscono in -s (che normalmente è la desinenza del plurale). In questo caso la soluzione prescelta è identica a quella che ha dato vita a Porcellinum, si inserisce il suffisso diminutivo all'interno della radice, per cui si ha lejitos dall'avverbio lejos ('lontano') e Luquitas dal nome proprio Lucas
Ma ritorniamo al nostro Porcellinum. Pensandoci, quella prescelta è in realtà l'unica opzione per dare un diminutivo accettabile a Porcellum. Eliminare semplicemente la sequenza finale -um, infatti, darebbe un diminutivo identico alla parola porcellino già esistente in italiano, mentre porcellumino sarebbe, da una parte, assai lunga, e dall'altra mancherebbe di quel suffisso -um che, come ho già osservato, è indispensabile per designare il nome di una legge elettorale. Il fatto, poi, che porcellino esista indipendentemente in italiano come diminutivo di porcello, ossia la base di Porcellum, non fa che motivare ulteriormente il suo diminutivo. E per finire, segnalo anche che questa strategia di formazione di diminutivi di Porcellum ha dato vita, almeno, anche a Porcellonum e a Porcellettum.

domenica 12 maggio 2013

egoseum


Da un articolo apparso nei blog dell'Espresso apprendo la nascita di un nuovo fenomeno, e di conseguenza di una nuova parola. Si tratta dell'ego-seum, in pratica un museo privato in cui un ricco collezionista d'arte espone al pubblico la sua collezione. The Guardian descrive così il fenomeno:
"I collezionisti acquistano massicciamente così tante opere contemporanee che le loro diverse case sono insufficienti per conservarle tutte. Ma piuttosto che abbandonare le loro costose eccedenze in magazzini nascosti, scelgono di condividere i loro tesori con il pubblico". In quanto ultimo status symbol per i super-ricchi, i musei privati possiedono addirittura una nuova etichetta: "ego-seums".
In italiano la parola è praticamente inesistente (le uniche citazioni che si ricavano da Google riguardano l'articolo dell'Espresso e pochi altri articoli di giornale). In inglese, invece, si trova qualche centinaio di attestazioni. Si tratta, ovviamente, di una parola-macedonia (o, visto che si tratta di inglese, di un blend) tra le parole ego e museum. Come parola-macedonia è un po' particolare, dal momento che le due parole che la compongono non sono legate in corrispondenza di una sequenza fonologica comune (come la o di smoke e fog in smog, per intenderci). E' il fenomeno per cui una sequenza, per vari motivi, viene reinterpretata come uno pseudo-affisso - in questo caso uno pseudo-suffisso - e che ha dato vita, ad esempio, alla finale -burger per vari tipi di panini a partire dal prototipo hamburger, ma anche, in tempi più remoti, alla finale -bus per un veicolo di trasporto pubblico, a partire dal prototipo omnibus (originariamente il dativo plurale di omnis 'tutto'). Che io sappia, l'inglese -seum, o l'italiano -seo, non era ancora emerso come suffissoide per indicare un museo, e quest'ultima parola mi sembra piuttosto inadatta, vista la sua brevità, ad essere segmentata. In realtà, anche museo (o il corrispettivo nelle altre lingue europee) è una parola composta, visto che in latino museum (a sua volta derivato dal greco) designava un santuario delle Muse, e conteneva il suffisso -eum. Immagino che il motivo per cui si trovano molti più esempi di ego-seum scritto con un trattino sia dovuto alla necessità di mettere in evidenza le due parole di base, e in particolare museum. A favorire l'unione ci può essere stato il fatto che sia ego che museum sono di origine classica (anche se da due lingue diverse) e come tali, probabilmente, percepiti come "colti" dai parlanti dell'inglese. Un altro fattore è certamente il fatto che ego- funziona comunque già come prefissoide; in inglese appare ad esempio in egocentric, egoistic, egomaniac, tutte parole che hanno lo stesso significato che in italiano, ma ho scoperto anche la parola egosurfing, che indica il navigare su Internet alla ricerca di informazioni su sé stessi. Come si vede in tutte queste parole, come in italiano, ego- contiene anche una sfumatura di eccessiva, se non patologica, attenzione alla propria personalità, e non è escluso che la cosa non si applichi anche ai proprietari di ego-sei, che non devono certo brillare per modestia e senso della misura.